Probabilmente furono gli Etruschi ad utilizzare per primi l’acqua calda del Calidario.
Le acque della sorgente in passato sono state identificate, forse erroneamente, come le famose “Aquae Populoniae“, a quei tempi già famosissime. Qui attinsero i Legionari romani di cui ancora oggi possiamo apprezzare importanti testimonianze come il “Mausoleo di Caio Trebazio” (la torricella di Caldana, nelle cui vicinanze è stato rinvenuto un sigillo romano con l’iscrizione “Caius Trabatius”; la torricella è ancora visibile a 400 mt. dal Calidario) e l’iscrizione di una terzina (molto probabilmente dettata dal conduttore delle terme romane) che, scritta nella “Tabula Peutingeriana” ai tempi di Teodosio (sec. IV d.C.), così recitava:
“Ad onta dei seguaci di Galeno dona salute a Venere e Mercurio ignea vena che mi stilla in seno“.
Al periodo 1249-1257 risale la costruzione di un grande muro di contenimento delle acque calde. Di proprietà dei Conti della Gherardesca dal XI secolo, la Valle del Cornia rimase sotto il dominio della Repubblica di Pisa fino al 1406, anno in cui passò sotto la potente Repubblica di Firenze.
Populonia costituiva una penisola alla palude di Caldana, alimentato dalle acque calde delle sorgenti e da un ramo del Cornia, fino a che verso la metà del 1500 Cosimo I° De’ Medici ne regolamentò gli argini riunendo così anche le acque calde in un fosso detto “Fossa calda”, per poi immetterle nell’allora lago di Rimigliano (da Rio Miliano o Rio dell’Emilia), così si prosciugò il padule di Caldana.
La Sorgente del Calidario da vita ad un Laghetto Naturale tra i più importanti a livello europeo, unico per la sua grandezza con una superficie d’acqua di circa 3.000 mq. Un laghetto millenario con storiche proprietà terapeutiche. Una vera risorsa che madre natura, circa 6 milioni di anni fa, ha regalato alla Val di Cornia grazie alla risalita spontanea della acque in un corpo granitico ad elevata temperatura.
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