Ricciardetto della Gherardesca
Tra i molti componenti della nobile famiglia della Gherardesca, che secondo la tradizione fu fondata da San Walfredo, emerge il nome di Ricciardetto, diventato famoso come protagonista di una curiosa leggenda. Eccola: Ricciardetto partecipò ad una crociata in Terrasanta e, una volta ritornato nel suo castello di Volterra, fece preparare dei piccoli dolci di pasta di mandorle, che aveva assaggiato in Medio Oriente, preparati arricciati come una babbuccia, la tipica calzatura orientale con la punta all’insù. Insomma fu il primo a produrre quelli che oggi chiamiamo ricciarelli.
Questo racconto viene riportato, con piccole variazioni, da quasi tutte le pubblicazioni che trattano dei dolci senesi. Volendo inquadrare da un punto di vista storico il racconto, gli elementi da analizzare sono: crociate, Volterra e Ricciardetto della Gherardesca.
Per quanto riguarda le Crociate sappiamo di preciso che, se ne contano sette, si svilupparono tra il 1096 e il 1270, inquadrando il periodo tra XI e XIII secolo.
Volterra invece non rientra tra i possedimenti dei Gherardesca, mentre ebbero dominii a Mele, Strido, Pietracassa, Laiatico e Camporbiano, tutti nei pressi di Volterra.
Il nome di Ricciardetto della Gherardesca non appare, nemmeno nelle varianti Riccardo e Ricciardo, nei principali testi storici e nelle genealogie del casato, come pure nei volumi dedicati alla storia di Volterra. Quindi si tratta di una leggenda che da un lato utilizza un nome di fantasia come Ricciardetto, con una forte assonanza con il nome ricciarelli, dall’altro gli assegna nobili natali attribuendogli il casato dei Gherardesca le cui origini affondano nei secoli e le cui vicende si intrecciano con la storia stessa della Toscana: quasi a rafforzare la veridicità della leggenda, la tradizione dei ricciarelli si è infatti insediata, oltre che nel territorio senese, anche a Pomarance e a Massa Marittima, territori che storicamente videro la presenza dei Gherardesca. Insomma una dolce leggenda medievale entrata a pieno titolo nelle nostre tradizioni dal lontano Oriente.
Negli ultimi tempi i produttori artigianali e le storiche industrie dolciarie hanno richiesto per i ricciarelli la denominazione IGP Indicazione Geografica Protetta: nei negozi si trovano due versioni, una bianca, tradizionale, e una con copertura di cioccolato fondente, detta rozza.
Alessandro Colletti, 1997-1998
DUE LIBRI DA CONSULTARE
Ugolino della Gherardesca, I della Gherardesca. Dai longobardi alle soglie del Duemila, Pisa, 1995.
Lelio Lagorio, Il lungo cammino di Volterra, Pisa 1999.
LA RICETTA TRADIZIONALE
Sbucciare le mandorle, asciugarle in forno, tritarle finemente. Amalgamarle con lo zucchero e il miele, l’ammonio e la scorza d’arancia. A parte montare l’albume a neve ben ferma e unire i due composti. Versare il tutto su una spianatoia e tirare col matterello per ottenere uno strato di circa mezzo dito. Ritagliare i dolcetti con uno stampino, metterli in una teglia dove sono state poste le ostie (si comprano in pasticceria) e lasciar riposare alcune ore. Poi infornare a 160-180 gradi fino a che non diventino dorati (20 minuti circa). Alla fine spolverare con zucchero a velo.