Gordenne, citato nell’atto del 20 gennaio 1105.
Il 20 gennaio 1105 con un documento redatto nel castello della Leccia “territorio Volterrensi”, Gisla vedova di Rodolfo, figlio del conte Ugo Aldobrandeschi, con il consenso del figlio e mundualdo Uguccione, offriva alla chiesa e al monastero di S.Pietro di Monteverdi quello che il marito “in obito suo iudicavit”, ovvero ciò che Rodolfo IV Aldobrandeschi aveva assegnato al cenobio nel suo testamento.
Si trattava di beni posti in Val di Cornia, fra i quali alcuni, pero’, sono difficilmente individuabili con precisione topografica. Gisla offrì al monastero di S.Pietro “medietatem alterius masie quae esse videtur in loco qui dicitur Gordenne” – toponimo non identificabile, ma di origine etrusca come altri della zona tra Monterotondo Marittimo e Monteverdi, quale l’attuale podere Quercenne e la fattoria di Vecchienne – “quartam alterius partem masie quae esse videtur in loco qui dicitur Vecchenne”, dove il cenobio di S.Pietro possedeva già dai primi decenni del secolo XI due case massaricie .
Così scrive Gabriella Giuliani [1] : la località Gordenne viene individuata per l’andamento topografico dei beni e per la radice, per lo più in -na, comune ai vicini Vecchienne e Quercenne, come derivante da nome personale etrusco [2] . Il Repetti [3] alla voce Bagni Vetuloniesi:
“(Gisla)…fece donazione alla badia di Monte Verdi di alcune terre che possedeva in Cafaggio, in Acque Albule, in luogo appellato Gordena, e in Vecchiena, nomignoli tutti dei contorni di Monte Rotondo, mentre in un’altra carta del 6 marzo 1222 della stessa provenienza (Arch. di Massa) si specifica il Bagno di Gordena.”
Solo la recente pubblicazione dello Statuto di Monterotondo (1578), a cura di Gianni Enrico Franceschini [4] , ha permesso di identificare l’ubicazione di Gordenne, che troviamo citato nella Rubrica 22- che riportiamo per intero – come serra di Gordenna:
Indice overo tavola de la quarta Distintione de le Rubriche de Danni dati.
[22] De la pena de la bandita de le bestie domate.
Considerato quanto grandissima utilità, e provento ne segua havere assai bestie dome da aratro in la terra nostra però per conservamento, e mantenimento di quelle, haviamo facta la infrascritta bandita, la quale incomincia dal botrello che esce del Malvado, et va per infino agl’annesti, e va per lo botrello del colle di Barlescia* verso l’aia de la serra di Gordenna, e come mette el botrello del Bufone per infino ala Miglia. In la quale bandita nissuna persona di qualunche stato grado, o condition si sia presuma dare alcuno danno con alcuna generatione di bestie incominciando in calende di Maggio per infino si romparà a pasturare detta bandita pena per ciascheduna bestia grossa soldi dieci di denari, e per ciascheduna bestia minuta soldi cinque di denari per ogni volta, la qual si possa rompere, e pasturare la vigilia di Pasqua di Natale, e non prima se altro per lo Conseglio non sarà deliberato.
* in margine d’altra mano Bandita di Bestie Domate pena.
Sottolineiamo l’importanza che le pubblicazioni di documenti di storia locale, ed in particolar modo gli Statuti Comunali, assumono per la conoscenza dell’aspetto sociale, organizzativo e legale delle antiche comunità, ma anche per il contributo che portano alla conoscenza del territorio derivante dalla ricchezza di toponimi, nomi propri di persone, chiese, pievi, fiumi e altro.
Segnaliamo che lo Statuto trecentesco di Monteverdi oggetto nel 1996 della tesi di Francesco Alunno, è ancora in attesa di pubblicazione.
Alessandro Colletti, Monteverdi, 3.2.98
[1] “ Il monastero di S. Pietro di Monteverdi dalle origini (sec.VIII) fino alla metà del sec: XIII.” Tesi di laurea, Pisa, 1989/90, rel. M.L. Ceccarelli Lemut, pag. 156-158.
[2] S. Pieri, “Toponomastica della toscana meridionale” Siena, 1969
[3] E. Repetti Dizionario storico della toscana,, Tomo I pag. 231., Tomo I pag. 231, Firenze 1833.
[4] G.E. Franceschini, Lo statuto di Monterotondo Marittimo, Siena 1997.